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Underworld: Il Risveglio - Recensione

20/01/2012 | Recensioni |
Underworld: Il Risveglio - Recensione

Dopo "La ribellione dei Lycans", scialbo terzo capitolo in forma di prequel, la saga si ricolloca sul proprio binario temporale tornando a concentrarsi sulle gesta della storica protagonista. Quindici anni dopo gli eventi di “Evolution”, Vampiri e Lycan sono colpiti da un brutale genocidio scatenato dal genere umano. La vampira Selene, catturata insieme all’amato Michael, viene ridotta in stato criogenico. Al suo risveglio trova un mondo disperato, dove la sua razza è ormai braccata e al limite dell’estinzione. C’è anche un’altra ragione per lottare: durante l’ibernazione ha generato una figlia… Va detto subito che il prodotto rimane saldamente fedele a se stesso, nell’estetica come nella sostanza. I nostri occhi riassaporano l’abituale commistione di gotico e moderno, le cupe suggestioni scenografiche, la fotografia dai colori glaciali. Aggiungere alla mistura il rosso del sangue, generosamente sparso durante combattimenti che sfidano le leggi della fisica. E al centro del tutto c’è ancora lei, fulcro trascinante della visione, sempre incarnata da una Kate Beckinsale in forma strepitosa e più spietata che mai. Cosa ha aggiunto, dunque, il nuovo duo registico Måns Mårlind/Björn Stein? Ambizioni narrative, destinate in gran parte a rimanere sulla carta. L’obiettivo dovrebbe essere l’ulteriore approfondimento “umano” ed emotivo dei personaggi, combinato però ad un livello di action più irruento ed invasivo rispetto ai film precedenti. Fatto sta che la seconda componente prende presto il sopravvento sulla prima, con prepotenza frastornante. Tanto accumulo sensoriale, in un flusso quasi ininterrotto di scontri a fuoco e di corpo a corpo, finisce per stordire lo spettatore a spese di quel coinvolgimento a cui chiaramente si puntava. Non a caso le migliori trovate sono frutto inventivo della regia, non certo della sceneggiatura. Stavolta, inoltre, la totale assenza di ironia (sia pure sottintesa) si fa sentire . Nota aggiuntiva e dolente, il 3D è a malapena sopportabile perché procura emicrania dopo pochi minuti ed appare non tanto un’estensione della prospettiva quanto una sua irritante alterazione. Consigliato ai fan irriducibili di Underworld e/o della Beckinsale, muniti di abbondante pop corn a portata di mano e possibilmente senza occhiali stereoscopici sul naso.

 


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